L’alterazione del legno non trattato

Tratto dal sito "www.legnoarchitettura.com"

Sempre più frequentemente si progettano edifici con rivestimenti di legno e spesso, con la volontà di prediligere l’aspetto ecologico, questi vengono lasciati naturali, privi quindi di qualsiasi trattamento. Per sua natura il legno è soggetto a fenomeni di degrado determinati da fattori ambientali con un duplice risultato: un’alterazione della superficie e una possibile disgregazione degli elementi che compongono il rivestimento, quest’ultima evitabile con una corretta progettazione e realizzazione del rivestimento stesso.

Tutte le specie legnose, trattate e non trattate, se sottoposte all’azione degli agenti atmosferici, subiscono col passare del tempo processi naturali di alterazione fortemente influenzati dal clima, dal microclima del luogo e dalle esposizioni dei diversi fronti rispetto agli assi cardinali. I rivestimenti in legno non trattato subiscono continuamente processi fotochimici, fisici e biologici che ne modificano la composizione chimica della superficie lasciando su di essa “tracce” indelebili. Queste alterazioni non intaccano la struttura del legno ma ne modificano esclusivamente l’aspetto esteriore. Adottando misure particolari è possibile indirizzare queste alterazioni, non è possibile invece evitarle. Il legno, inoltre, essendo per sua natura un materiale biodegradabile e quindi naturalmente soggetto ad attacchi di tipo biotico (funghi, batteri e microrganismi), è destinato a decomporsi se sottoposto a determinate condizioni legate principalmente al contatto prolungato con l’acqua o al persistere di alte percentuali di umidità relativa nell’aria. Prove eseguite negli anni con varie specie legnose possono, in linea teorica, aiutare a prevedere la durata e il comportamento del rivestimento; tuttavia, come vedremo attraverso quest’analisi di casi reali, le condizioni climatiche, e ancor più la corretta progettazione dei dettagli esecutivi, possono incidere sulla durata e sull’aspetto del rivestimento. Malgrado il panorama delle specie legnose sia abbastanza ampio, per questioni sia economiche che di lavorabilità, quelle più utilizzate sono l’abete rosso (Picea abies), il larice (Larix decidua) e, in Austria, l’abete bianco (Abies alba); specie legnose maggiormente durevoli come il rovere o il castagno sono invece utilizzate più di rado. Tutte vengono commercializzate in listelli, doghe, e perline, alcune anche in pannelli a più strati incollati.

Alterazione del legno non trattato (weathering)
Il deterioramento della superficie che si verifica quando il legno è esposto agli agenti atmosferici, ma non al diretto contatto con il suolo, viene chiamato weathering; esso consiste in un’alterazione di tipo abiotico che non intacca la struttura del legno. Il legno non trattato, la cui superficie non sia stata alterata mediante processi chimici o l’uso di impregnanti, quando viene esposto direttamente all’azione delle intemperie cambia velocemente il suo aspetto. Nello specifico è possibile rilevare modifiche cromatiche, alterazioni della struttura superficiale e variazioni dei rapporti dimensionali. I principali fattori ambientali coinvolti nel weathering del legno sono la luce solare (radiazioni UV), l’acqua, l’umidità, il vento e l’inquinamento dell’aria. Luce solare (radiazioni UV) L’alterazione cromatica è determinata da alcune particolari lunghezze d’onda delle radiazioni UV. Queste, essendo in grado di rompere i legami chimici delle sostanze che compongono il legno, innescano un processo di foto-ossidazione della struttura legnosa superficiale, in particolare della lignina. In seguito, le stesse radiazioni UV vengono assorbite, causando il cambiamento del colore del legno. I legni di conifera tendono a imbrunire, quelli di latifoglie, invece, diventano giallastri. Anche la densità della specie legnosa riveste una certa rilevanza in questo processo: si può constatare, infatti, che per specie legnose più dense la penetrazione dei raggi UV è inferiore e di conseguenza l’alterazione da essa causata è meno rilevante

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